BIOGRAFIA
Iler Melioli (1949, Reggio Emilia). A member of the artistic generation that rose to prominence in the 1990s, he makes use of a range of materials and expressive mediums in order to establish an open dialogue with the surrounding space. The development of his research is framed within the context of neo minimalism. Through the adoption of a new geometric abstraction of conceptual origin, he has developed a process that operates through the deconstruction and re-founding of visual language. The principle of formativeness is important in his research, which operates on both the two-dimensional plane of painting and the three-dimensional one of forms, unifying them in an open system of spatial and temporal relationships. His geometric abstraction is united with the automatisms which, in different ways, distinguish our technological age, its productive and information structures and the vast field of applications in the context of our contemporary daily life.
Iler Melioli nasce a Reggio Emilia nel 1949.
Nei primi anni Ottanta intraprende uno studio sulle poetiche neobarocche e consolida un rapporto di collaborazione con Severo Sarduy. L’incontro con il noto scrittore e saggista legato alla cerchia di R. Barthes consente a Melioli l’acquisizione di strumenti euristici che si rivelano fondamentali per lo sviluppo della sua ricerca artistica orientata verso la riduzione del processo formale all’essenzialità di strutture geometriche anamorfiche. Nella seconda metà del decennio, in aperta antitesi con ogni modello di citazione, Melioli ha ormai maturata la sua opzione verso quelle poetiche dell’oggetto che già mostravano i loro margini di latenza negli anni precedenti.
Il suo linguaggio fa parte di uno dei “ritorni” alla materia e alla castità delle forme, chiamato, nel 1991, New Geo (neo-geometric conceptualism). In quello stesso anno, con AnniNovanta, Renato Barilli storicizza la ricerca di Melioli nel quadro del Neo-minimalismo accanto al gruppo della East Coast americana formato da Jeff Koons, Haim Steinbach e Peter Halley, oltre ad altri autorevoli esponenti europei quali John Armleder, Günther Förg, Stefano Arienti e Umberto Cavenago.
Con quella grande mostra allestita alla GAM di Bologna, ai Civici Musei di Rimini e alle Navi di Cattolica, Renato Barilli delineava uno spaccato internazionale della ricerca artistica occidentale che decretava una svolta epocale maturata verso la metà degli anni ottanta nei vari paesi più qualificati sul fronte delle arti visive. Al clima della citazione caratterizzato dalle diverse declinazioni della pittura gestuale che aveva connotato la seconda metà degli anni settanta e i primi anni ottanta, era subentrato un ritorno alla sobrietà delle forme, una sorta di azzeramento, che bene evidenziava il mutato spirito del tempo.
In uno stretto rapporto di coappartenenza con questo mutamento si colloca l’opera di Melioli. Un raffreddamento del mezzo espressivo, comparato all’utilizzo di tecnologie provenienti dalla metallurgia industriale, delinea il profilo della ricerca di Melioli nel corso degli anni novanta. Una ricerca il cui potere trasfigurante ha la facoltà di umanizzare quelle tecniche, e quelle materie, che nel quadro delle loro consuete modalità applicative non potrebbero assumere alcuna dignità simbolica. Il suo frequente utilizzo dei profilati in acciaio inossidabile, come l’uso di sistemi computerizzati di taglio a controllo numerico, comportano l’adozione di processualità eidetiche e operative che riconoscono nello strumento tecnologico l’emblema di un mondo della precisione che ha plasmato e trasformato i nostri abiti mentali e nostri modelli comportamentali.
Il suo linguaggio attinge risorse dal calcolo numerico, dal mondo delle scienze fisiche e matematiche, evidenziando le correlazioni possibili tra sistemi concettuali e fenomeni naturali. Le sue opere, composte da meccanismi sobri, essenziali, danno origine a forme lucide e pulite, ma allo stesso tempo contaminate dal vitalismo di matrice organica, vegetale, per cui i monoliti metallici si aprono in ramificazioni ed arborescenze che sembrano fondere la geometria euclidea con la matematica dei frattali.
(R.Barilli)
Nell’arco dell’ultimo decennio la ricerca artistica di Melioli procede verso un’evoluzione della scultura oggettuale e comprende lo sviluppo di un linguaggio visivo strutturato su di una nuova geometria articolata per adattarsi al quadro pittorico-bidimensionale e a quello tridimensionale delle forme plastiche.
Nella sua recente produzione non esiste alcuna cesura tra pittura, scultura e installazione; la stessa distribuzione dei segni e le campiture del colore che vediamo composte sulle tele le ritroviamo inserite nelle sue alberazioni, nei suoi assemblati in acciaio inossidabile. Questo strutturale rapporto di contiguità tra bi-dimensione e tridimensionalità muove verso nuove dimensioni dello spazio, della materia e del pensiero, mentre la scienza arriva a sfiorare la magia.